di Redazione, 09-02-2023 ore 11:30 |
Quando una configurazione a scala globale termina la sua produttività in termini di condizionamenti meteorologici, tutto lascia presupporre che la stagione si avvicini al suo decadimento naturale, specie quando il periodo in questione si identifica in febbraio. Difatti poi, marzo si avvicina, la primavera sembra ad un passo, ma sappiamo che in determinate situazioni questo non accade veramente anche a livello termico. Anzitutto, la climatologia è ricca di capovolgimenti stagionali, anche quando tutto sembra ormai andare secondo i piani, in passato abbiamo già vissuto fasi totalmente opposte ed improvvise nell'arco di pochi giorni. Al Centro-Sud ad esempio molti ricordano il marzo del 1987, quando il gelo insistette per 2 settimane, accompagnato da abbondanti precipitazioni nevose che ammantarono di bianco vasti territori, facendo precipitare le temperature con giornate di ghiaccio. Leggi qui: IL FREDDO dell'87, del 56 e del 29 Per comprendere una possibile tendenza, bisogna valutare i vari indici teleconnettivi e coglierne le possibili evoluzioni anche in termini troposferici. Altro elemento molto importante, è quello di guardare con occhi attenti nella parte dell'atmosfera che sembrerebbe secondaria ai fini meteorologici, ovvero la stratosfera. Questo fattore, risulta invece molte volte fondamentale. I riscaldamenti stratosferici infatti, possono rappresentare una possibile evoluzione del dislocamento successivo delle masse artiche anche verso latitudini inferiori. Un riscaldamento stratosferico è previsto proprio durante il proseguo di febbraio, più o meno intorno alla sua metà. Ovviamente, riscaldamento stratosferico non è sinonimo di freddo sull'Italia, sarebbe altrimenti un'equazione troppo semplice da svolgere, però è indice di una possibile evoluzione con effetti sino in troposfera. Teniamo anche conto che il vortice polare, durante la parte finale della stagione tende a divenire sempre più debole, pertanto più vulnerabile agli attacchi che gli vengono imposti. Di certo ha vita lunga il vortice polare, così come molta forza di reazione, ma alla fine dell'inverno comincia comunque il suo decadimento ed è proprio in questo frangente che possono susseguirsi delle ondate fredde a latitudini inferiori. Cosa potrebbe accadere durante febbraio e oltre? Secondo la nostra analisi, un'ipotesi verosimile, ma sempre nel campo della tendenza, sarebbe quella di un dislocamento delle masse artiche, con iniziale sbilanciamento delle vorticità sulla verticale canadese. Questo primo step favorirebbe una frenata zonale nel periodo compreso tra il 20 e il 27 di febbraio (puoi LEGGERE QUI la NOSTRA TENDENZA), con probabile interessamento dapprima artico marittimo ma successivamente continentale. Ci aspettiamo quindi che il Burian possa ripresentarsi in questo lasso temporale, a nostro avviso in special modo sull'Europa centro-meridionale e sull'Italia coinvolgendo maggiormente il versante adriatico ed il Centro-Sud in genere. Un secondo step lo collochiamo durante il mese di marzo, all'incirca tra il 5 e il 15/18, quando il vortice polare potrebbe andare addirittura incontro ad uno split, favorendo così la retrogressione di una massa gelida dalla Siberia. Al momento fermiamo qui la nostra ipotesi, non avendo ancora strumenti utili per entare nei dettagli di un condizionamento atmosferico così "lontano". Il BURIAN quindi si prende solo una pausa, ma il freddo, il gelo e la neve torneranno probabilmente presto e con prepotenza. Seguite i prossimi aggiornamenti, valuteremo questi step in maniera sempre più approfondita. Ecco le mappe della possibile configurazione del primo step con l'arrivo del Burian (ipotizzata tra il 20/27 febbraio)